Pensieri sulla Pittura1




“Interpretare e’ in realtà ricostruire. Di mano in mano che si considerano forme più elevate dell’attenzione, la parte dell’invenzione diviene sempre più grande”. Henri Bergson 


Occorre mediare la perfezione ideale dell’arte con la spontaneità della sensazione, lavorare sull’immediatezza dell’esperienza dei sensi ma costruendo qualcosa di solido e duraturo come l’arte dei musei”. Paul Cézanne



Le mie parole sulla Pittura si sono andate formando nella concreta pratica quotidiana di questa forma d'arte e ciò di cui intendo parlare in primo luogo è proprio l’atto del dipingere in sé, vale a dire quello che distingue la pittura da tutte le altre forme di arte.


Elevare l’attenzione a gradi di osservazione del “vero” sempre più lucida e cosciente, non può che aumentare la capacità di invenzione.

I pittori più grandi hanno usato i loro soggetti, concreti o letterari che fossero, per parlare d’altro, trascendendo l’apparenza e in questo modo hanno di volta in volta cambiato la storia: così la pittura ha generato cultura nel corso dei secoli.

Fin dal principio i miei studi sono stati orientati al realismo: grazie al mio maestro, Ziveri, ho compreso il realismo nel suo significato originario, come l’unica possibilità di fuga offerta alla pittura per sfuggire, da un lato, all'anacronismo del letterario e dall'altro all'arbitrio della fantasia. Il realismo, ancorato saldamente alla realtà attuale, rimane una scelta sempre valida.


Osservare il mondo reale usando un metodo analitico conferisce alla pittura una funzione esplorativa, simile a quella scientifica. Osservo l'oggetto senza preconcetti, lo analizzo non curandomi della sua apparenza, tesa a cogliere il fondo della sua realtà, l'astrazione come principio trainante.

Il metodo analitico, efficace cifra del vero, esclude deviazioni pericolose, decorative o illustrative, perché l’oggetto della pittura rimane la "realtà", la quale per l'occhio è costituita dalla rete di rapporti che intercorrono fra le parti, rivelata dalla luce.  Da ciò scaturisce l'armonia, o "bellezza".


Analizzo le cose materiali e le esprimo per mezzo di segni.

Prendo dal soggetto, vero o fotografato, solo le informazioni necessarie. 

A furia di osservare,  cioè nel progredire della mia coscienza, il soggetto supera la sua apparenza, si eleva in una dimensione astratta e acquista sostanza. 

Allo stesso tempo i segni diventano sempre più semplici: proprio su  questa scala di semplificazione si muove la ricerca della bellezza. 

Mi è particolarmente facile trovare questa semplificazione nell’osservazione della natura, nel dipingere il paesaggio all’aria aperta.

La differenziazione  degli elementi visivi si esprime nella definizione di zone precise, macchie di materia colorata dalla luce. La visione si scompone per subito ricomporsi tramite il lavoro del pennello. 


Lontano da visioni suggestive del genere “pittoresco”,  senza geli intellettuali, l’insieme assume piuttosto la vitalità potente della luce, 

La sintesi appiattisce la profondità illusionistica della prospettiva, vengono in evidenza gli autentici valori pittorici, la ricostruzione dell’immagine avviene a partire dal suo peculiare tono cromatico e luminoso. La sintesi costruisce il dipinto come un reticolo in cui vengono individuate le varie zone di tono-colore, è l'alternativa alla verosimiglianza.

La sua ricerca mi spinge fino a considerare l’opera pittorica in se stessa.

Un paesaggio da “luogo” diventa semplicemente un modo di vedere, allo stesso modo prospettiva, estetismo, tecnica sono di inciampo: basta osservare, impregnarsi della sensazione forte della natura e della realtà e ragionare pittoricamente su questo, finché tutto assurga a un’armonia parallela a quella osservata. 

Costruzione geometrica, rapporti dei toni, ricerca delle tinte, pennellate brevi e precise non derivano solo dalla sensazione, ma riflettono l’armonia della natura: è propriamente questa a venire ricreata dalla pittura. 


I protagonisti delle composizioni con figure non sono modelli in posa, ma persone colte segretamente in atteggiamenti spontanei, tramite scatti fotografici. 

Nei bagnanti la semplificazione dello spazio mette in evidenza il corpo con la profonda espressività di quando, in una condizione di rara libertà,  può esprimersi in pieno, senza vestiti. 

La lunga e incessante esperienza dal vero costituisce un dizionario in grado di supplire alle scarse informazioni della fotografia, in sinergia con l’amore per la storia da vita a un repertorio di pose nel quale il naturale può fondersi col classico. Non si tratta mai di copiare le foto, è invece un’operazione dell'immaginazione e della cultura. 

Nella disposizione delle figure all’interno della composizione, nell’analisi delle pause create dai vuoti, nelle semplificazioni e a volte nelle brevi deformazioni anatomiche, è possibile ravvisare citazioni dei nostri grandi maestri Tiziano, Delacroix, Courbet, Manet e Cézanne. 

L'oggetto di indagine della figura è la capacità trasformativa che essa possiede tramite il movimento, che viene colto al volo dalla luce.

In questo caso l'espressione nasce e indaga insieme a questo anche il proprio interno, introducendo a un’armonia etica piuttosto che estetica. 

Le posizioni delle figure possono essere considerate il risultato di una "fenomenologia dello spirito", nella quale non sono tanto le persone a interpretare e mettere in forma l’emozione, ma l’emozione stessa, che le precede e supera, a informare di sé le persone.

Dipingere figure é come un rito epifanico, un disvelamento, una ricerca del nucleo essenziale della persona, che è la sua vita vera. 

Il movimento spontaneo del corpo contiene sorprendenti qualità drammatiche, di racconto, mostra figure-sentimento, la cui espressione si va realizzando grazie a una forza distruttiva e allo stesso tempo rigenerativa, una forza che ricorda lo stesso processo del dipingere. 

Dipingere le figure non in posa e senza dettagli esteriori,  riconsegna al corpo la sua originaria unità di persona, lo rimanda a una condizione di autenticità ideale. Analizzare la figura nel suo movimento introflesso, spontaneo ma anche intellettuale, espone chiaramente il sentimento soggettivo della persona; allo stesso tempo, proprio perché indaga a partire dalla sua interiorità, offre la traccia di un pensiero emotivamente condivisibile.

Le figure si muovono nello spazio in una specie di danza, partecipando di una medesima idea. Le loro emozioni, frasi corporee, evocano la vita stessa, si esprimono in geometrie spezzate, frammentazioni inattese, crolli, ripetizioni, salti, lanci, cadute. 

E in fin dei conti rimandano allo stesso atto del dipingere.


La visione della realtà è unitaria, oggettiva e soggettiva. Lo spazio, il "vuoto", è un elemento solido, in cui ogni forma si inserisce tale e quale. 

Le forme servono a scandagliare lo spazio, una struttura con il suo  proprio ritmo vitale, non decorativo, descritta da una luce né propriamente ottica né fantastica. 

Lo spazio, come le figure, deve essere anch’esso liberato dalle strettoie dell’apparenza. 

Alla rappresentazione delle apparenze subentra l’espressione di ciò che - io sola - vedo: è questo il contenuto essenziale.

La prospettiva non è che una convenzione, lo spazio non deve rendere conto ad essa ma all’individuazione dell’oggetto tramite la visione simultanea di pieni e vuoti, la sua scomposizione geometrica ne ricostruisce la forma. 

La luminosità del colore è interna e raggiunge infinite tonalità, che si spiegano come un largo canto. 

Gli oggetti dei repertori più comuni, compresi i corpi, si trasformano in realtà ritmiche, trasformano la realtà, la liberano da ogni esteriore mimetismo e diventano profondamente allusive. 


La pittura è una forma di poesia, canta l’essenza e non l’apparenza del visibile, investiga la realtà superando l’aneddoto.

Ha come protagonista, sempre, l'umanità, che è costituita di elementi contrastanti, in cui convivono solennità e fragilità. 

La pittura è raffigurazione di una forma esteriore particolare elevata, a partire da un sentimento attuale, verso la sua essenza connaturata e eterna.


L.G.