Testi eretici / 1

Per una disciplina - anarchica - della Pittura

1 - Dipingi solo con i tre colori primari (rosso, giallo e blu) e i loro diretti derivati. 

2 - Non lavorare per gradi, applica il colore dappertutto e osserva attentamente le tonalità in relazione a ciò che sta intorno. 

3 - Dipingi con pennellate brevi e cerca di fissare immediatamente le tue impressioni. L’occhio non deve concentrarsi su un punto specifico; deve assorbire ogni cosa e nel farlo deve registrare i riflessi dei colori su ciò che le sta intorno. 

4 - Lavora simultaneamente sul cielo, sull’acqua, sui rami e sulla terra e continua a migliorare ciò che fai fino a quando tutto funziona. Copri tutta quanta la tela nella prima seduta e lavora finché non c’è più altro da aggiungere. 

5 - Osserva con attenzione la prospettiva aerea dal primo piano all’orizzonte, il riflesso del cielo e del fogliame. 

6 - Non aver paura di usare un colore intenso; raffina il lavoro poco per volta. 

7 - Non seguire regole e principi; dipingi ciò che vedi e senti. 

8 - Dipingi con vigore e senza esitazione, perché è importante fissare sulla tela la prima impressione. 

9 - E non essere timido! Devi essere audace, anche a rischio di sbagliare e commettere errori. 

10 - Esiste una sola maestra: la Natura…»


Quando Camille Pissarro consegnò ai suoi allievi questo bel decalogo, di certo non avrebbe mai immaginato che la disciplina della pittura che con passione intendeva chiarire con queste semplici e preziose parole, sarebbe andata del tutto persa nel breve giro di poche decine di anni, un nulla al confronto con la lunga storia della pittura.


Mi sono formata come pittrice in un tempo in cui ancora si intendeva per “pittura” un linguaggio a sé stante, che si apprende allo stesso modo del linguaggio verbale, cioè tramite esercizio e studio. Sebbene Guttuso non fosse uno dei miei pittori preferiti, vederlo alla televisione dipingere semplici peperoni, forse per la prima volta mi ha messa davanti al mistero di quel linguaggio: cercare e trovare i colori sulla tavolozza, porre segni col pennello. La scelta di entrare nel corso di Ziveri, pittore allora poco noto, è stata orientata proprio da questo interesse, visto che in quel momento era notoriamente l’unico corso in cui si esercitasse la disciplina pittorica, con la modella e dal vero, già allora guardata con sospetto, spesso bollata come anacronistica, e non raramente abbandonata per rivolgersi altrove.


Nei miei anni trascorsi nell’esercizio e nello sviluppo di un linguaggio pittorico - esclusivamente e sempre più pittorico - ho maturato la convinzione che senza una disciplina la pittura rimane una maniera di esprimersi simile a tante altre, che solo la disciplina è in rado di mostrare la sua specificità.

Sospetto che una delle ragioni per cui è stata e viene tuttora abbandonata risiede nella difficoltà che in quanto tale pone, nel lavoro costante e intenso di cui necessita perché possa realmente svilupparsi in un linguaggio originale, e purtroppo il fatto che sia stata accantonata non ha consentito che si formassero pittori adatti a trasmetterla.

Infatti già da anni nelle accademie si opta per un insegnamento che coinvolga soprattutto il pensiero razionale, quando noi sappiamo ormai che uno dei tanti benefici della pittura risiede proprio nell’esercizio di quella parte intuitiva del cervello che, sempre più estromessa dal vivere quotidiano a causa dell’uso costante della parte razionale, rischia di atrofizzarsi.


E sempre più urgente  fare chiarezza su ciò che è - e su ciò che non è - la pittura, tornando a guardare alla sua storia nell’ insieme, non al “contemporaneo”,  concetto che, più o meno dichiaratamente, non ha mai compreso la pittura.

E' necessario e urgente considerare il suo particolare e esclusivo coinvolgimento della triade luce-occhio -mano, come pure il suo bisogno della natura, che è ciò che si osserva, tornare a dipingere dal vero e soprattutto “en plein air”.

Lo studio della natura, unito all'indagine sulla luce, innescherà ancora e sempre quella potenziale “bomba” che è la pittura, iniziando un percorso personale che col tempo dà i suoi frutti, nel quale il linguaggio matura e diventa "originale" in maniera spontanea: esattamente il contrario della ormai diffusa tendenza di creare il proprio stile a bella posta, “concettualmente”.

Il “concetto” è figlio unico di unico padre: il pensiero razionale.

Tramite uno sguardo sulla natura sincero e senza preconcetti, anticonformista e anarchico, la pittura può, ora come "allora", risorgere.