Nulla è più astratto del reale.”
(Giorgio Morandi)

Nell’oggettività del reale e non nelle fantasie personali trovo quella misteriosa sorgente della forma alla quale la pittura attinge, dipingere un quadro è il tentativo di oltrepassare l’apparenza, di cercare, attraverso il visibile, ciò che non si vede. Si tratta di una ricerca sincera, quotidiana, a volte faticosa, sicuramente illuminata: con la volontà ho potuto studiare, ma i veri traguardi li ho sempre raggiunti per grazia.  Ho percepito questo molto presto, perciò mi sono spinta al di là delle convenienze, cercando di seguire la mia ispirazione, percorrendo la via dell’osservazione libera, cosciente, spregiudicata. 

L’analisi del visibile mi si è aperta come un valido percorso di ricerca, ha restituito alla pittura il suo carattere più autentico tenendomi lontana da altre sperimentazioni. Questa strada mi ha costretta a superare innumerevoli convenzioni, in particolare il mimetismo insito in ogni figurazione. Ho cercato di andare oltre l’aneddoto, oltre l’apparenza, oltre lo sguardo stesso, fino al punto in cui qualsiasi soggetto diventa solo un pretesto per parlare d’altro. Ho provato a dipingere la realtà partendo da un sentimento contemporaneo, per approdare alla sua essenza - e all’essenza stessa della pittura.

Il mio lavoro si sviluppa da sempre intorno alla figura umana, punto di partenza più naturale - e più complesso - della pittura. Fin dai miei anni di formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, sotto la guida di Alberto Ziveri, ho avvertito la necessità di affrontare la figura, ma  non in senso accademico o illustrativo, piuttosto come forma di costruzione visiva che contiene in sé struttura, ritmo, proporzione e relazione, in vista di un'analisi spaziale.

La costruzione dell’immagine non tiene tanto conto del dato realistico, deriva invece dall’equilibrio delle campiture, delle direzioni e delle tensioni interne al quadro. La composizione è sempre determinata da una struttura geometrica implicita, che definisce l’organizzazione dell’intero campo visivo. Il disegno resta un elemento di riferimento fondamentale, ma non è mai fine a sé stesso: serve a individuare i rapporti proporzionali e a orientare la stesura del colore.

Il colore è l’elemento portante del mio linguaggio. Lo utilizzo per campiture piatte e leggermente modulate tonalmente, evitando il chiaroscuro tradizionale. Il volume nasce dalla giustapposizione cromatica e delle forme più che dal modellato. Il tono dominante di ogni opera è determinato dalla relazione armonica tra aree calde e fredde, tra saturazioni diverse e tra campi di luce che definiscono lo spazio in modo sintetico.

Nei cicli più recenti, particolarmente in quello dei “Bagnanti”, ho lavorato su una riduzione progressiva degli elementi figurativi, fino a lasciare il campo ai corpi soltanto.  Le figure, collocate in spazi aperti e privi di profondità prospettica, convivono in una luce uniforme che le rende protagoniste assolute e annulla il tempo narrativo. L’acqua e la superficie marina non sono ambienti descrittivi, ma campi cromatici freddi che dialogano con la presenza calda dei corpi. La relazione tra i personaggi diventa il tema compositivo: distribuzione delle masse, rapporti di scala, direzione degli sguardi, equilibrio dei pieni e dei vuoti.

Nel gruppo delle opere ambientate in interni cerco di mantenere un controllo formale rigoroso, riducendo i dettagli e limitando la gamma cromatica, per mettere in evidenza la struttura compositiva e la relazione tra i volumi, puntando all’equilibrio tra staticità e movimento.  Le figure sono spesso disposte frontalmente o in leggera rotazione, con una tensione che deriva più dall’impianto spaziale che dal gesto particolare. Lo spazio dell’interno è costruito per piani paralleli, quasi scenografici, in cui il colore funge da raccordo per le figure.

Il tema della relazione umana è centrale, ma intendo trattarlo innanzi tutto in termini pittorici: mi interessa il modo in cui le figure si definiscono l’una rispetto all’altra, sospese nello spazio circostante, un modo in cui il vuoto è altrettanto significativo del pieno, finalizzato alla creazione di un ritmo. La narrazione è sempre minima; ciò che conta è la presenza fisica e spaziale delle figure, la loro integrazione nel campo pittorico.

Nel mio lavoro convivono due direzioni: da una parte l’analisi strutturale della forma, dall’altra la ricerca di un equilibrio cromatico capace di generare emozione visiva, esso stesso derivante dalle piccole sensazioni del mio sguardo. Il quadro non nasce da una costruzione progettuale tradizionale come schizzi preparatori, disegni, studi di composizione e prove di colore, ma da una impressione forte e nel corso del lavoro spesso la ricerca di forma e colore interviene a modificare la struttura originaria. In questo senso, considero la pittura un processo aperto, in cui la razionalità e la percezione visiva dialogano continuamente.

La semplificazione dei contorni, la riduzione dei particolari e l’uso di campiture ampie spingono la figura verso una dimensione sintetica e pur restando nel campo della figurazione il mio linguaggio contiene in sé una certa dose di astrazione. Il processo verso l'astrazione mi interessa molto, particolarmente perché consente di mettere in evidenza la materia stessa della pittura: superficie, equilibrio, luce, ritmo.

Il mio interesse resta rivolto alla pittura come linguaggio autonomo, capace di rinnovarsi attraverso la pratica stessa. Ogni opera rappresenta un tentativo di raggiungere un punto di equilibrio tra controllo e libertà, tra percezione e costruzione. La figura, il colore e la luce sono strumenti di una ricerca che non ha un esito definitivo, ma si sviluppa nel tempo come un processo di verifica continua. In questo senso considero la pittura un campo di osservazione, dove la visione si misura con i propri limiti e ogni quadro diventa un passo verso una forma più essenziale e necessaria.


Laura Grosso